La confusione sull’introduzione del pensiero computazionale nelle scuole è grande. Non so se dipenda dalla storicamente scarsa dimestichezza della cultura italica con la parte logico-matematica del nostro cervello (e della storia del pensiero), da un magari in buona fede ma maldiretto tentativo di colmare il distacco con altri popoli, o dalla scarsa disponibilità di docenti abbastanza preparati e abbastanza coraggiosi da saper affrontare un cambio di paradigma che comunque non è più rimandabile.
Vi comando queste parole
La giornata della memoria non è un’occasione per pulirci la coscienza o per fare virtue signaling.
In verità, ogni giorno deve essere per noi una giornata della memoria perché è necessario introiettare un dato e tenerlo sempre presente: che l’orrore è stato possibile attraverso il perfezionamento di quella stessa civiltà della tecnica e di quella stessa organizzazione industriale e burocratica che hanno migliorato la qualità della nostra vita.
La Shoah come nadir irreversibile dell’occidente, l’interpretazione adorniana di un vulnus inaggirabile della nostra cultura, non deve diventare motivo per distogliere lo sguardo dal pericolo che capiti ancora, che la tecnica e la scienza nelle mani di un pugno di criminiali e di un popolo di esecutori tornino a essere strumento di sterminio.
Il rispetto di ogni vita e il coraggio della disobbedienza a leggi disumane non sono l’antidoto definitivo, ma non so se disponiamo di alternative migliori.
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