La confusione sull’introduzione del pensiero computazionale nelle scuole è grande. Non so se dipenda dalla storicamente scarsa dimestichezza della cultura italica con la parte logico-matematica del nostro cervello (e della storia del pensiero), da un magari in buona fede ma maldiretto tentativo di colmare il distacco con altri popoli, o dalla scarsa disponibilità di docenti abbastanza preparati e abbastanza coraggiosi da saper affrontare un cambio di paradigma che comunque non è più rimandabile.
Eboli e oltre
«Le mamme lotteranno per la libertà dei bambini. No mascherine no vaccini schifosi no distanziamento no microchip no paura!»
L’antropologia ha dimostrato da decenni che l’uomo ricorre al pensiero magico come difesa nei confronti di un mondo che non può o non sa più spiegare: il complottista che ce l’ha con il 5G o il parlamentare che strizza l’occhio ai no-vax non sono molto diversi dalla pacchianella di cent’anni fa che scacciava il malocchio appendendo alla trave di casa una treccia d’aglio. L’uomo, atterrito da forze più grandi di lui, cerca riparo nella sua capacità di manipolare la natura, ma la scienza resta e resterà sempre più appannaggio di pochi, sicché la scorciatoia della teoria complottista, della causa occulta, del “noncielodicono” resta l’unica via.
E ancora la ricerca continua del capro espiatorio, la sfiducia dichiarata nei confronti di uno Stato a cui tuttavia si chiede di farsi carico di ogni criticità reclamando il diritto alla deresponsabilizzazione individuale (vedere l’ottimo libro di Barbano a proposito dei troppi diritti), sono tutti sintomi dello stesso male.
De Martino negli anni ‘50 andava a cercare la magia nel profondo sud italiano, oltre le colonne d’Ercole a cui l’intellighenzia di quegli anni assegnava il limite del dominio della ragione. Oggi, dentro una pandemia nella cui gestione anche (anzi soprattutto) gli Stati Uniti stanno fallendo clamorosamente, il mondo si sta riscoprendo tutto al di là di Eboli.
Disponibile anche in | 🇫🇷 Français🇬🇧 English |